martedì 23 febbraio 2016

CUORE DI DONNA di Teresa Regna

Ho un cuore di donna, ormai.
Il mio cuore ha conosciuto l’amicizia, quella autentica, che dona senza chiedere nulla in cambio, che si rinnova ad ogni sguardo e ad ogni abbraccio, che pone al di sopra di ogni cosa la felicità dell’altro. Anche a costo di tradire la fiducia che è stata riposta in noi da parte di coloro dai quali dipendiamo per il vitto, l’alloggio e l’affetto. La nutrice mi è amica: mi elargisce i suoi consigli, mi porge il suo aiuto, mi consola con il suo affetto.
Il mio cuore ha conosciuto le profferte amorose, quelle che i genitori di un giovane fanno ai genitori di una fanciulla. Quando la madre della fanciulla le avrà spiegato i fatti della vita, ella accetterà di andare sposa al pretendente, che l’ha intravista appena, o che conosce di lei soltanto le virtù che decantano i parenti più stretti. Paride mi ha chiesto in moglie, senza nemmeno ipotizzare che potessi non accettare: una fanciulla a modo obbedisce al volere dei genitori, e più in là a quello del marito a lei destinato, senza protestare. Evidentemente, non sono mai stata una fanciulla a modo. In ogni caso, ora non sono più una fanciulla.
Il mio cuore ha conosciuto l’affetto, quello che fa rischiare in prima persona, senza tenere in alcun conto le conseguenze dei propri gesti, che rende complici prima ancora che alleati, che si rivela nel momento del bisogno, che entra nella vita dell’altro come un raggio di sole in un pomeriggio carico di nubi. Un uomo di Dio, di nome Lorenzo, ha rinnegato l’obbedienza dovuta ai suoi patroni per obbedire ad una legge più alta: la legge dell’amore. Ha agito in maniera sconsiderata, mettendo in pericolo il proprio ministero e finanche la propria incolumità fisica, per offrire la sua complicità ad una fanciulla alla quale è affezionato. Mi ha unito in matrimonio con il mio innamorato, senza il consenso dei miei genitori né quello dei suoi superiori, e mi ha fornito  la  pozione  che  ho  utilizzato   per   tentare   un   ultimo stratagemma. Per non essere costretta a sposare Paride, io che sono già maritata, secondo la legge di Dio e quella dell’amore. Secondo Padre Lorenzo, sono la stessa cosa, ma io comincio a dubitarne.
Il mio cuore ha conosciuto l’amore. Il suo nome è Romeo, e il suo cognome è maledetto da anni e anni di inimicizia e uccisioni, di rivalità e incomprensioni. Averlo rinnegato per amor mio non gli è servito ad evitare l’espulsione dalla città: la colpa dell’assassinio macchia la sua coscienza. Eppure egli mi ha permesso di sperimentare il sentimento più elevato, più nobile e più pericoloso, almeno per me: l’amore vero. Le nostre anime si sono unite nell’attimo stesso in cui i nostri occhi si sono incontrati. La maschera dell’inimicizia è caduta, calpestata e negletta dal fuoco che nasceva nei nostri cuori. Ci siamo spogliati dei nostri cognomi, delle convenzioni, e dell’ipocrisia. Ci siamo riconosciuti, come se, da sempre, ciascuno di noi attendesse l’incontro con l’altro. E l’amore è sbocciato, fragile come un fiore che buca la neve della mente eppure solido come un albero radicato nelle praterie dell’anima.
Ha conosciuto tutto questo, il mio cuore, rendendo donna la fanciulla che dimorava dentro di me. Ho abbandonato le bambole, le carezze materne, gli ammonimenti paterni, indossando gli abiti di una sposa. Ho sciolto i miei capelli per la gioia di Romeo.  Quando mi ha accolto tra le sue braccia ho conosciuto la felicità.
Avrebbe abbandonato persino i genitori, i familiari, la stessa Verona, il mio cuore innamorato, se il fato non avesse deciso diversamente. Lo stratagemma escogitato dal buon Padre Lorenzo non ha avuto l’esito sperato. Il mio amato sposo non ha compreso che la donna distesa in terra era morta soltanto in apparenza, e si è tolto la vita. Ora giace ai miei piedi, freddo e scomposto dal bacio della nera signora.
Posso io esimermi dall’imitare il medesimo gesto  da  lui  compiuto per amor mio? Se tornassi a casa, fingendo di essere all’oscuro di tutto, e accettassi di sposare Paride, sarei ancora in grado di osservare la mia immagine allo specchio senza rabbrividire di vergogna e sgomento? Sono una donna o una bambina terrorizzata dal buio sentiero della morte? Romeo l’ha percorso, e anch’io lo percorrerò. Senza tremare, senza aver timore, lo seguirò nel mondo delle ombre. Il mio cuore farà quest’ultima esperienza: la morte.
Se Iddio Misericordioso vorrà avere pietà delle anime di due innamorati, sposati secondo il vincolo della Sua Chiesa, saremo ricongiunti nell’aldilà. In caso contrario, bruceremo all’Inferno.
Tuttavia, pur in mezzo ai tormenti, saremo insieme. Per sempre. Scontando il peccato del suicidio, beninteso, non quello di esserci amati.
L’amore, infatti, non è peccato: è vita, è gioia, è estasi. Ho vissuto una breve esistenza da fanciulla, e un’ancor più breve parentesi da donna, ma se la Vergine Madre mi concederà la Sua Grazia, non cesserò di benedirLa perché mi ha permesso di incontrare l’amore. Non vi è dono più grande, al mondo.
Confido che le donne  delle  generazioni  future  non  saranno vincolate da inimicizie familiari né da obblighi sociali, e potranno scegliere liberamente l’uomo da sposare. Possano esse innamorarsi e vivere il loro amore alla luce del sole, benedette da Dio e dai loro parenti. Giulietta che rinnegò la propria casata per amore le benedirà sempre, ovunque sarà.
Dopo che avrò dato il bacio d’addio a mio marito, il cuore che batte soltanto per lui interromperà il suo monotono ticchettio per addormentarsi nel sonno che non ha mai fine. Mi adagerò accanto a Romeo, come una moglie che riposa accanto al suo sposo, e se ne avrò la forza stringerò per l’ultima volta la sua mano ormai gelida. Devo farlo: ho un cuore di donna.
 

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