Ho un cuore di donna,
ormai.
Il mio cuore ha
conosciuto l’amicizia, quella autentica, che dona senza chiedere nulla in
cambio, che si rinnova ad ogni sguardo e ad ogni abbraccio, che pone al di
sopra di ogni cosa la felicità dell’altro. Anche a costo di tradire la fiducia
che è stata riposta in noi da parte di coloro dai quali dipendiamo per il
vitto, l’alloggio e l’affetto. La nutrice mi è amica: mi elargisce i suoi
consigli, mi porge il suo aiuto, mi consola con il suo affetto.
Il mio cuore ha
conosciuto le profferte amorose, quelle che i genitori di un giovane fanno ai
genitori di una fanciulla. Quando la madre della fanciulla le avrà spiegato i
fatti della vita, ella accetterà di andare sposa al pretendente, che l’ha intravista
appena, o che conosce di lei soltanto le virtù che decantano i parenti più
stretti. Paride mi ha chiesto in moglie, senza nemmeno ipotizzare che potessi
non accettare: una fanciulla a modo obbedisce al volere dei genitori, e più in
là a quello del marito a lei destinato, senza protestare. Evidentemente, non
sono mai stata una fanciulla a modo. In ogni caso, ora non sono più una
fanciulla.
Il mio cuore ha
conosciuto l’affetto, quello che fa rischiare in prima persona, senza tenere in
alcun conto le conseguenze dei propri gesti, che rende complici prima ancora
che alleati, che si rivela nel momento del bisogno, che entra nella vita
dell’altro come un raggio di sole in un pomeriggio carico di nubi. Un uomo di
Dio, di nome Lorenzo, ha rinnegato l’obbedienza dovuta ai suoi patroni per
obbedire ad una legge più alta: la legge dell’amore. Ha agito in maniera
sconsiderata, mettendo in pericolo il proprio ministero e finanche la propria
incolumità fisica, per offrire la sua complicità ad una fanciulla alla quale è
affezionato. Mi ha unito in matrimonio con il mio innamorato, senza il consenso
dei miei genitori né quello dei suoi superiori, e mi ha fornito la pozione
che ho utilizzato per tentare un ultimo
stratagemma. Per non essere costretta a sposare Paride, io che sono già
maritata, secondo la legge di Dio e quella dell’amore. Secondo Padre Lorenzo,
sono la stessa cosa, ma io comincio a dubitarne.
Il mio cuore ha
conosciuto l’amore. Il suo nome è Romeo, e il suo cognome è maledetto da anni e
anni di inimicizia e uccisioni, di rivalità e incomprensioni. Averlo rinnegato
per amor mio non gli è servito ad evitare l’espulsione dalla città: la colpa
dell’assassinio macchia la sua coscienza. Eppure egli mi ha permesso di
sperimentare il sentimento più elevato, più nobile e più pericoloso, almeno per
me: l’amore vero. Le nostre anime si sono unite nell’attimo stesso in cui i
nostri occhi si sono incontrati. La maschera dell’inimicizia è caduta,
calpestata e negletta dal fuoco che nasceva nei nostri cuori. Ci siamo
spogliati dei nostri cognomi, delle convenzioni, e dell’ipocrisia. Ci siamo
riconosciuti, come se, da sempre, ciascuno di noi attendesse l’incontro con
l’altro. E l’amore è sbocciato, fragile come un fiore che buca la neve della
mente eppure solido come un albero radicato nelle praterie dell’anima.
Ha conosciuto tutto
questo, il mio cuore, rendendo donna la fanciulla che dimorava dentro di me. Ho
abbandonato le bambole, le carezze materne, gli ammonimenti paterni, indossando
gli abiti di una sposa. Ho sciolto i miei capelli per la gioia di Romeo. Quando mi ha accolto tra le sue braccia ho
conosciuto la felicità.
Avrebbe abbandonato
persino i genitori, i familiari, la stessa Verona, il mio cuore innamorato, se
il fato non avesse deciso diversamente. Lo stratagemma escogitato dal buon
Padre Lorenzo non ha avuto l’esito sperato. Il mio amato sposo non ha compreso
che la donna distesa in terra era morta soltanto in apparenza, e si è tolto la
vita. Ora giace ai miei piedi, freddo e scomposto dal bacio della nera signora.
Posso io esimermi dall’imitare il medesimo gesto da lui compiuto per amor mio? Se tornassi a casa,
fingendo di essere all’oscuro di tutto, e accettassi di sposare Paride, sarei
ancora in grado di osservare la mia immagine allo specchio senza rabbrividire
di vergogna e sgomento? Sono una donna o una bambina terrorizzata dal buio
sentiero della morte? Romeo l’ha percorso, e anch’io lo percorrerò. Senza
tremare, senza aver timore, lo seguirò nel mondo delle ombre. Il mio cuore farà
quest’ultima esperienza: la morte.
Se Iddio Misericordioso vorrà avere pietà delle anime di due
innamorati, sposati secondo il vincolo della Sua Chiesa, saremo ricongiunti
nell’aldilà. In caso contrario, bruceremo all’Inferno.
Tuttavia, pur in mezzo ai tormenti, saremo insieme. Per
sempre. Scontando il peccato del suicidio, beninteso, non quello di esserci
amati.
L’amore, infatti, non è peccato: è vita, è gioia, è estasi.
Ho vissuto una breve esistenza da fanciulla, e un’ancor più breve parentesi da
donna, ma se la Vergine Madre mi concederà la Sua Grazia, non cesserò di
benedirLa perché mi ha permesso di incontrare l’amore. Non vi è dono più
grande, al mondo.
Confido che le donne delle
generazioni future
non saranno vincolate da
inimicizie familiari né da obblighi sociali, e potranno scegliere liberamente
l’uomo da sposare. Possano esse innamorarsi e vivere il loro amore alla luce
del sole, benedette da Dio e dai loro parenti. Giulietta che rinnegò la propria
casata per amore le benedirà sempre, ovunque sarà.
Dopo che avrò dato il bacio d’addio a mio marito, il cuore
che batte soltanto per lui interromperà il suo monotono ticchettio per
addormentarsi nel sonno che non ha mai fine. Mi adagerò accanto a Romeo, come
una moglie che riposa accanto al suo sposo, e se ne avrò la forza stringerò per
l’ultima volta la sua mano ormai gelida. Devo farlo: ho un cuore di donna.
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