«Messer Ubaldo, che cosa succede? Per quale motivo
tante persone sono raccolte davanti alla chiesa di San Procolo?»
«Non vedete, messer Ludovico? Assistono allo
scoprimento di una lapide.»
«Già! Sulla monumentale facciata di una delle chiese
più belle di Bologna… A chi è dedicata la lapide?»
«A Procolo, il vecchio campanaro.»
«A Procolo?... Il campanaro della chiesa… di San
Procolo?»
«Esattamente!... Ma tacete, vi prego. Si avvicina il
momento solenne. Ancora pochissimi istanti… Ecco, ci siamo!»
La lapide venne scoperta, tra il battimano dei
presenti.
«C’è una iscrizione,» disse messer Ludovico. «Vi spiacerebbe leggerla, voi che avete la
vista migliore della mia?»
E Ubaldo, con voce tranquilla:
«Si procul a Proculo Proculi campana fuisset, nunc
procul a Proculo Proculus ipse foret.»
«Ma…»
«È latino.»
«Lo avevo intuito. Non capisco però che cosa vuol
dire.» Una pausa; poi: «So che siete persona assai colta, un insigne
professore: vorreste cortesemente tradurmi l’iscrizione?»
E Ubaldo, con molta pazienza:
«Se la campana di San Procolo fosse stata lontana da
Procolo, ora lo stesso Procolo sarebbe lontano da San Procolo.»
«Ho compreso ancor meno.»
Ubaldo lo fissò stupito.
«Come? Ignorate la storia del vecchio campanaro?»
chiese. «Già, dimenticavo!... Voi vivete a Bologna da pochissimo tempo. Non
potete conoscerla.»
«Ma non vi nascondo che sono curioso di saperla.»
«Adesso?»
«Quale momento più adatto?»
Ubaldo annuì lentamente.
«Avete ragione… L’iscrizione riferisce il tragico
fatto capitato a Procolo, il quale, mentre suonava le campane, fu colpito alla
testa da una di esse. Morì all’istante. Com’era doveroso, il suo corpo fu
tumulato nei sotterranei della chiesa di San Procolo, dalla quale, come si
legge sulla lapide, il campanaro non ebbe più modo di allontanarsi, proprio
come la campana non era riuscita a stare lontana da lui.»
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