mercoledì 4 settembre 2019

PROCOLO di Paolo Secondini

«Messer Ubaldo, che cosa succede? Per quale motivo tante persone sono raccolte davanti alla chiesa di San Procolo?»
«Non vedete, messer Ludovico? Assistono allo scoprimento di una lapide.»
«Già! Sulla monumentale facciata di una delle chiese più belle di Bologna… A chi è dedicata la lapide?»
«A Procolo, il vecchio campanaro.»
«A Procolo?... Il campanaro della chiesa… di San Procolo?»
«Esattamente!... Ma tacete, vi prego. Si avvicina il momento solenne. Ancora pochissimi istanti… Ecco, ci siamo!»
La lapide venne scoperta, tra il battimano dei presenti.
«C’è una iscrizione,» disse messer Ludovico.  «Vi spiacerebbe leggerla, voi che avete la vista migliore della mia?»
E Ubaldo, con voce tranquilla:
«Si procul a Proculo Proculi campana fuisset, nunc procul a Proculo Proculus ipse foret.»
«Ma…»
«È latino.»
«Lo avevo intuito. Non capisco però che cosa vuol dire.» Una pausa; poi: «So che siete persona assai colta, un insigne professore: vorreste cortesemente tradurmi l’iscrizione?»
E Ubaldo, con molta pazienza:
«Se la campana di San Procolo fosse stata lontana da Procolo, ora lo stesso Procolo sarebbe lontano da San Procolo.»
«Ho compreso ancor meno.»
Ubaldo lo fissò stupito.
«Come? Ignorate la storia del vecchio campanaro?» chiese. «Già, dimenticavo!... Voi vivete a Bologna da pochissimo tempo. Non potete conoscerla.»
«Ma non vi nascondo che sono curioso di saperla.»
«Adesso?»
«Quale momento più adatto?»
Ubaldo annuì lentamente.
«Avete ragione… L’iscrizione riferisce il tragico fatto capitato a Procolo, il quale, mentre suonava le campane, fu colpito alla testa da una di esse. Morì all’istante. Com’era doveroso, il suo corpo fu tumulato nei sotterranei della chiesa di San Procolo, dalla quale, come si legge sulla lapide, il campanaro non ebbe più modo di allontanarsi, proprio come la campana non era riuscita a stare lontana da lui.»

 

 

 

 

 

 

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