C’era o non c’era una
volta
importanza non ha:
il racconto si scrive da
sé
e sempre si scriverà.
Le parole sono pietre
profumate di passione,
che si incastrano le une
nelle altre
a formare un’emozione.
Le parole costruiscono
un magico puzzle a forma di cerchio, o forse di piramide, o chissà di cubo. I
trapezi sono figure geometriche piane usate nei circhi per imparare a volare.
Le parole sono figure di senso che si cementano in mattoni per permettere alle persone
di spiccare il volo.
Senza un racconto non
esisterebbe la vita. Ogni essere vivente, infatti, ha qualcosa da raccontare, e
contiene un racconto dentro di sé. E’ sufficiente liberarlo affinché si scriva,
piantando il seme di nuovi racconti e di nuovi esseri.
Le parole sono pietre
gettate in uno stagno, onde che liberano la fantasia in cerchi concentrici di
luce interiore. Si intersecano senza toccarsi nel profondo finché non vengono
accarezzate dal tepore della poesia.
Se l’essere è il
racconto, la poesia è l’essenza, il cuore del racconto: le vibrazioni di un
albero che cattura la luce del sole, il ritmo interiore di un bambino che
sorride, il suono arcano di un amore che nasce.
Il racconto è una
composizione armonica fatta di parole, che contiene in sé l’essenza della vita.
L’armonia, pur imprigionata nell’angusto guscio di parole che giocano a
rimpiattino, sprigiona tutta la sua potenza creativa.
Il suono è parte della
parola, come è parte della musica, e trova la sua collocazione nel cuore
dell’esistenza, che pulsa negli esseri viventi, nelle costruzioni di parole e,
in ultima istanza, nell’universo stesso.
La parola crea, mentre
il racconto perfeziona ciò che è stato creato, infondendo in esso la linfa
della poesia. C’è poesia nella prosa, nel mondo, nella vita, in ogni piccolo
gesto d’amore.
Lembi di realtà e lembi
di fantasia si uniscono a formare il racconto. Che si scrive da sé, prendendo
vita a poco a poco. L’autore/autrice non deve far altro che lasciare che
acquisisca una forma, che scaturisca dall’austera penna di un tempo o dalla
tastiera di un odierno computer. Il mezzo non ha importanza, la mano che
l’aiuta a nascere ne ha soltanto relativamente. L’importante è che il racconto
cominci, si espanda o si comprima a seconda dei casi, giungendo alla sua forma
compiuta.
Il protagonista,
l’essenza del quale viene svelata, può essere un uomo, un animale, un vegetale,
o un oggetto inanimato: l’anima, in ogni caso, verrà conferita ad esso per
mezzo della parola, che affiancata ad altre parole darà vita al racconto.
C’era una volta
il racconto perfetto,
fatto e finito,
completo e riletto.
All’autore dedicò uno
sberleffo:
da solo mi scrivo
e sempre lo farò,
disse in uno sbuffo
di fumo che nel cielo
si inoltrò.
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