Ecco, lo vedo!
Germoglia presso una quercia nel bosco. Un dado. Bianco coi
punti neri.
Affiora dal terreno: un fungo cubico.
Sul lato rivolto verso l’alto ha il sei.
Osservo gli altri lati.
Su uno, il tre.
Sull’altro, il cinque.
Sull’altro ancora, il quattro.
Infine, il due.
Il sesto lato non si vede. Poggia sul terreno. Lo
scopro… Uno.
Dovevo immaginarlo.
Prendo il dado.
Lo pulisco alla meglio del terriccio; ci soffio sopra;
poi lo agito nel pugno, ma non stretto, questo, da impedire al dado di andar di
qua e di là contro le pareti della
mano. Infine lo lancio. Rotola tre volte…
Uno.
È uscito l’uno!
Poco, pochissimo… il minimo.
Raccolgo il dado. Lo agito ancora nella mano chiusa.
Un altro lancio…
Uno.
Di nuovo l’uno!
Riprendo il dado, lo lancio più lontano, perché rotoli
più volte sul terreno…
Uno.
Inesorabilmente l'uno!
Resto a osservare il dado, quel suo punto nero e tondo
che sembra fissarmi come un occhio.
Crollo la testa, mentre penso alla sfortuna.
Tre lanci, tre uno!
E se invece fosse l’inverso? Voglio dire: fortuna?
Dipende dai punti di vista, ovviamente.
Insomma: sfortuna o fortuna?
Sto per lanciare ancora una volta. Mi trattengo
all’ultimo momento, la mano sospesa nell'aria.
No!
Non sarei più (s)fortunato... se uscisse un numero
diverso.
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