Ricordava la sua gioventù, mentre si guardava le rughe allo specchio… quasi
con sollievo, si accorse, benediceva il fatto d’essere vecchia. E non la
disturbava più quell’odore di piscio e di muffa sulla pelle che Marquez aveva
descritto: non c’era, non c’era mai stato…
Attorno a sé gustava un profumo di vitalità ritrovata, la rallegrava quel
senso delle cose che la stava accompagnando in quel viaggio strano.
Era stata ribelle e innamorata, aveva scelto persone ed incontri, aveva
dato e ricevuto dolori.
Ora tutto era
scomparso.
Quell’uomo
strano, che l’aveva inseguita tutta la vita senza arrendersi mai, quell’uomo
testardo nelle cose e tenace negli affetti, quell’uomo era lì, fuori la stanza
che l’aspettava. Come sempre.
Prese con calma un profumo, aprì la boccetta e le poggiò sul collo con un
rinnovato piacere… era viva.
Ancora.
Non importava
che la nave ripartisse dalla palude, non importava neppure che arrivasse da
qualche parte: il viaggio importava, e le sensazioni rinnovate che regalava.
Fermina si guardò ancora allo specchio… certo, un tempo era stata giovane e
bella, molti uomini avevano cercato la sua tenerezza nell’ombra di una stanza,
molti l’avevano solo sognata.
Qualcuno era
venuto a consolare la sua solitudine, qualcuno aveva riempito i suoi giorni.
Eppure tutto questo non importava più.
Oggi c’era solo quel viaggio, e quest’amore di vecchi, forte come ogni
amore, delicato come ogni passione coltivata a lungo, preservata dalle smanie furiose
e smemorate della giovinezza…
Aveva voglia di chiudere gli occhi, di nuovo, e lasciarsi cullare da
quell’onda strana che ti scivola da dentro su tutti i pensieri.
E ti fa respirare, a fondo, tutto il tempo che viene, tutto il tempo che
resta…
Delicato questo raccontino che ha le caratteristiche di un frammento. Molto evocativo e sottilmente psicologico nella delineazione di ambiente e personaggi. Mi è piaciuto.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino