giovedì 7 luglio 2016

L’ISOLA di Peppe Murro

Sì, contava solo ciò che sentiva, nient’altro era importante, né le ferite né l’amarezza che lo carezzava come un’amante  mai sazia.
Se tutto quello era accaduto, era perché qualcuno non aveva avuto alcun interesse ad evitarlo, anzi, forse aveva voluto che accadesse.
Non c’era stato bisogno di altre storie, era bastato solo che si facesse crescere bene il tarlo di dentro che divora ogni soddisfazione, che rinsecchisce ogni amore, che urla il suo spasimo di libertà e di addii.
Ed ora stava lì, ai bordi estremi dell’isola, dove c’erano solo scogliere…nessuna spiaggia, nessuna dolcezza. Né tramonti  bruciati per un finale da cartolina.
Solo lui, il suo silenzio, la sua ormai quieta desolazione.
A volte si sorprendeva dei suoi pensieri, a volte lo assalivano dolori incessanti, inquieti fra la testa e lo stomaco – è il cuore, si diceva, che si rigurgita addosso quanto non riesce ad assolvere o a dimenticare; è il mio cuore, non ancora stanco di quel volto, di quel sorriso…
Ma poi ricordava quel viso storpiato dal livore, crudo e insensibile come la lontananza delle sue parole. Ricordava, e non avrebbe voluto.
Non c’era altro da fare che tentare un respiro più forte, e dirsi con calma che tutto era già accaduto, e che quanto sentiva ancora apparteneva solo alla sua vita.
Pianamente, con tentata distanza, cercando di chiudere ogni porta, sopportando l’ora… 

 

 

 

 
                                                                                                                 

2 commenti:

  1. Il bisogno di dimenticare mi fa pensare che su questo breve frammento lirico potrebbe agire, in qualche modo, il Nietzsche della Seconda Inattuale. Sbaglio?

    Tommaso Di Brango

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    1. Errata corrige: non "lirico" (la narrazione è in terza persona).

      Tommaso Di Brango

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