Febbraio è un mese interlocutorio, a metà strada tra
il freddo dell’inverno e l’imminenza della primavera. Perciò è ammantato di
possibilità, prima ancora che i rami degli alberi siano ammantati di nuove
foglie e boccioli appena nati. Ecco perché ho scelto questo mese per fare una
scelta che cambierà la mia vita. O meglio, la vita ha scelto per me e io mi
sono limitata ad assecondare la sua infinita saggezza.
Ho conosciuto Mario durante un periodo buio, in cui
vedevo tutto nero e avevo assoluto bisogno di una spalla su cui piangere. Lui
me l’ha offerta, e io, a poco a poco, mi ci sono adagiata, affezionandomi al
suo aspetto da orso bonario e ai suoi modi così impacciati da sembrare fuori
posto in qualsiasi luogo e situazione.
Mi ha invitato a uscire con lui, e non ho trovato
scuse abbastanza valide per rifiutare. Lavoravamo nello stesso ufficio, avevamo
entrambi parecchio tempo libero, e il mio appartamento non è abbastanza grande
da giustificare un riordino prolungato fino a sera inoltrata.
Inoltre, i miei vivono in un paesino di campagna
piuttosto lontano, e vado a trovarli ogni due settimane circa. Per essere
precisi, andavo a trovarli: da qualche tempo non sono più la benvenuta in una
famiglia per cui il senso dell’onore è più importante dell’amore tra i suoi
membri.
Antico il paese, antica la mentalità dei miei
genitori, ripetevo a Mario, che mi ascoltava paziente, assentendo di tanto in
tanto. Assentiva sempre, per farmi piacere, qualunque cosa dicessi. Ed è per
farmi piacere che mi ha fatto la proposta, ne sono sicura.
Uscivamo insieme, quasi tutte le sere, da circa un
mese quando ci siamo ritrovati nello stesso letto, a fare del sesso come se
fosse la cosa più naturale del mondo. Sesso, non amore: nessuno dei due ama
l’altro. Ci vogliamo bene, stiamo bene insieme, ma la scintilla della passione
non è mai scoccata, fra di noi.
Anche facendo sesso ordinario e senza amore, però, c’è
il rischio di rimanere incinta. Ed è successo a me, nonostante le precauzioni
che ho imposto a Mario. In un primo momento non sapevo se esserne felice o
preoccupata, e allora ho interpellato i miei.
Ho commesso un errore: secondo loro, un figlio al di
fuori del matrimonio è ancora un marchio di infamia. Al giorno d’oggi, quando i
figli si commissionano come se fossero elettrodomestici, e manca poco che si
possa decidere il colore degli occhi e dei capelli. Mi hanno chiesto chi fosse
il padre, e se fosse disposto a sposarmi.
A quel punto ho commesso il secondo errore: ne ho
parlato a Mario. E lui mi ha fatto la proposta. Riteneva che, in fondo, fosse
colpa sua se mi trovavo in una situazione non proprio invidiabile. Non navigo
nell’oro, ero in rotta con i miei, ed esisteva la concreta possibilità che in
ufficio, una volta che avessero scoperto la mia condizione, sarei stata
licenziata.
Ed è accaduto, a dicembre. Il mio contratto a tempo
determinato è improvvisamente arrivato al capolinea. Inutile appellarsi ai
sindacati, al buonsenso o al buon cuore. E Mario, da brava persona qual è, mi
ha fatto la proposta per la seconda volta. Avremmo fatto in modo che un solo
stipendio ci bastasse finché non avrei trovato un altro lavoro, affidando il
nostro bambino a una baby sitter o a un asilo nido.
Devo ammettere che la proposta è allettante, ma siamo
a febbraio e questo mi ha fatto riflettere. Non è abbastanza, per me,
accontentarmi di una vita scialba insieme a un uomo che non amo e che non mi
ama. Anche il senso del dovere ha i suoi limiti, come la lealtà verso la
famiglia d’origine.
Ho preso la mia decisione: formerò una famiglia
insieme al mio bambino. Accetterò l’aiuto economico di Mario fino a quando non
troverò un altro lavoro, ma non gli imporrò la mia presenza nella sua vita come
se si trattasse di una cambiale da saldare.
Ho il diritto di cercare la mia anima
gemella, di non accontentarmi di formare una coppia raffazzonata perché
qualcosa è andato storto, in una notte di sesso senza amore.
La vita ha scelto di regalarmi un figlio non cercato,
e dopo aver metabolizzato la cosa, io ho scelto di non sottrarmi ai doveri che
sento di avere nei miei confronti. Non ho mai conosciuto l’amore, quello che fa
battere il cuore a mille e toglie il respiro, e se sposassi il padre di mio
figlio mi precluderei questa possibilità. Per sempre, perché sono un tipo
fedele.
Preferisco non avere certezze economiche e sociali pur
di avere una possibilità, una sola, che l’uomo dei miei sogni entri a far parte
della mia vita. E di quella di mio figlio.
Ho deciso, ormai. Mi sento come un albero in febbraio,
con poche foglie appena spuntate e in attesa del bocciolo che scaturirà dal mio
ventre, ma non tornerò indietro.
Una speranza, per me, vale più di mille certezze.
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