venerdì 1 luglio 2016

FEBBRAIO di Teresa Regna

Febbraio è un mese interlocutorio, a metà strada tra il freddo dell’inverno e l’imminenza della primavera. Perciò è ammantato di possibilità, prima ancora che i rami degli alberi siano ammantati di nuove foglie e boccioli appena nati. Ecco perché ho scelto questo mese per fare una scelta che cambierà la mia vita. O meglio, la vita ha scelto per me e io mi sono limitata ad assecondare la sua infinita saggezza.
Ho conosciuto Mario durante un periodo buio, in cui vedevo tutto nero e avevo assoluto bisogno di una spalla su cui piangere. Lui me l’ha offerta, e io, a poco a poco, mi ci sono adagiata, affezionandomi al suo aspetto da orso bonario e ai suoi modi così impacciati da sembrare fuori posto in qualsiasi luogo e situazione.
Mi ha invitato a uscire con lui, e non ho trovato scuse abbastanza valide per rifiutare. Lavoravamo nello stesso ufficio, avevamo entrambi parecchio tempo libero, e il mio appartamento non è abbastanza grande da giustificare un riordino prolungato fino a sera inoltrata.
Inoltre, i miei vivono in un paesino di campagna piuttosto lontano, e vado a trovarli ogni due settimane circa. Per essere precisi, andavo a trovarli: da qualche tempo non sono più la benvenuta in una famiglia per cui il senso dell’onore è più importante dell’amore tra i suoi membri.
Antico il paese, antica la mentalità dei miei genitori, ripetevo a Mario, che mi ascoltava paziente, assentendo di tanto in tanto. Assentiva sempre, per farmi piacere, qualunque cosa dicessi. Ed è per farmi piacere che mi ha fatto la proposta, ne sono sicura.
Uscivamo insieme, quasi tutte le sere, da circa un mese quando ci siamo ritrovati nello stesso letto, a fare del sesso come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sesso, non amore: nessuno dei due ama l’altro. Ci vogliamo bene, stiamo bene insieme, ma la scintilla della passione non è mai scoccata, fra di noi.
Anche facendo sesso ordinario e senza amore, però, c’è il rischio di rimanere incinta. Ed è successo a me, nonostante le precauzioni che ho imposto a Mario. In un primo momento non sapevo se esserne felice o preoccupata, e allora ho interpellato i miei.
Ho commesso un errore: secondo loro, un figlio al di fuori del matrimonio è ancora un marchio di infamia. Al giorno d’oggi, quando i figli si commissionano come se fossero elettrodomestici, e manca poco che si possa decidere il colore degli occhi e dei capelli. Mi hanno chiesto chi fosse il padre, e se fosse disposto a sposarmi.
A quel punto ho commesso il secondo errore: ne ho parlato a Mario. E lui mi ha fatto la proposta. Riteneva che, in fondo, fosse colpa sua se mi trovavo in una situazione non proprio invidiabile. Non navigo nell’oro, ero in rotta con i miei, ed esisteva la concreta possibilità che in ufficio, una volta che avessero scoperto la mia condizione, sarei stata licenziata.
Ed è accaduto, a dicembre. Il mio contratto a tempo determinato è improvvisamente arrivato al capolinea. Inutile appellarsi ai sindacati, al buonsenso o al buon cuore. E Mario, da brava persona qual è, mi ha fatto la proposta per la seconda volta. Avremmo fatto in modo che un solo stipendio ci bastasse finché non avrei trovato un altro lavoro, affidando il nostro bambino a una baby sitter o a un asilo nido.
Devo ammettere che la proposta è allettante, ma siamo a febbraio e questo mi ha fatto riflettere. Non è abbastanza, per me, accontentarmi di una vita scialba insieme a un uomo che non amo e che non mi ama. Anche il senso del dovere ha i suoi limiti, come la lealtà verso la famiglia d’origine.
Ho preso la mia decisione: formerò una famiglia insieme al mio bambino. Accetterò l’aiuto economico di Mario fino a quando non troverò un altro lavoro, ma non gli imporrò la mia presenza nella sua vita come se si trattasse di una cambiale da saldare.
Ho il diritto di cercare la mia anima gemella, di non accontentarmi di formare una coppia raffazzonata perché qualcosa è andato storto, in una notte di sesso senza amore.
La vita ha scelto di regalarmi un figlio non cercato, e dopo aver metabolizzato la cosa, io ho scelto di non sottrarmi ai doveri che sento di avere nei miei confronti. Non ho mai conosciuto l’amore, quello che fa battere il cuore a mille e toglie il respiro, e se sposassi il padre di mio figlio mi precluderei questa possibilità. Per sempre, perché sono un tipo fedele.
Preferisco non avere certezze economiche e sociali pur di avere una possibilità, una sola, che l’uomo dei miei sogni entri a far parte della mia vita. E di quella di mio figlio.
Ho deciso, ormai. Mi sento come un albero in febbraio, con poche foglie appena spuntate e in attesa del bocciolo che scaturirà dal mio ventre, ma non tornerò indietro.
Una speranza, per me, vale più di mille certezze.
 

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