Primavera 1960.
Era, don Berto, un
vecchio macilento, di media statura e curvo su se stesso. Indossava un abito
grigio piuttosto consunto e un cappello di feltro a larghe tese, grigio pur
esso.
Camminava appoggiandosi a un bastone, che gli dava quasi l’aria di
un signore – come lui in fondo amava apparire –, benché fosse povero e di umili
origini.
Lo si credeva, in paese, un messo comunale: in realtà si recava, di
sua iniziativa, di casa in casa, a informare la gente degli avvisi che ognuno
avrebbe potuto leggere sui manifesti affissi nelle strade. Non pretendeva
compensi per questa mansione, ma un
bicchiere di vino, allorché gli era offerto – e questo accadeva sovente –, non
lo rifiutava: lo si capiva dal naso perennemente rosso nel volto pallido e
sottile.
Almeno due volte a settimana don
Berto veniva a casa nostra.
Venne anche quel giorno.
Non appena la mamma dischiuse la porta d’ingresso, il vecchio si
diresse speditamente verso la cucina: ormai conosceva la strada. Si accomodò su
una sedia, dopo essersi tolto il cappello e averlo poggiato, assieme al
bastone, sul tavolo.
Da una cartella egli trasse, con fare lento e aria di importanza,
alcuni fogli che, per qualche momento, si rigirò tra le mani, guardò uno per
uno, lesse soltanto con gli occhi, muovendo il capo velocemente da destra a
sinistra e viceversa.
«Ah, ecco!» disse alla fine. «Si tratta di questo… Se permettete,
signora, vi riassumo il contenuto in poche parole… Dal tredici al quindici
giugno il vostro quartiere, per delle riparazioni a una conduttura, resterà
senz’acqua. Il Comune consiglia i cittadini di farsene buona provvista per quel
periodo.»
Seguì un momento di silenzio, poi:
«Dal tredici al quindici giugno, avete detto?» chiese la mamma.
Il vecchio guardò il foglio che ancora stringeva tra le dita.
«Proprio così, signora… dal tredici al quindici di giugno.»
«Ma di questo ero al corrente. Mi avete informata voi stesso due
giorni or sono. Non ricordate?»
«Possibile?!»
«Ma certo, don Berto!
Sapevo perfettamente che l’acqua mancherà dal tredici al quindici di questo
mese.»
Il vecchio prese a grattarsi freneticamente tra i radi capelli;
fissò la mamma per un istante; infine assunse un’espressione desolata.
«Se è così,» disse, allargando le braccia, «mi dispiace di avervi
disturbata. Sono mortificato, cara signora. Cosa volete, alla mia età…»
«Quando avete un avviso da comunicare,» lo interruppe la mamma,
«fareste bene a segnarvi su un foglio o un taccuino le case in cui vi recate.
In questo modo eviterete di visitare la stessa due volte, come appunto è
accaduto.»
Don Berto annuì; sollevò
leggermente le spalle; si schiarì la voce.
«Avete ragione,» ammise. «Il vostro è davvero un buon consiglio…
Vi chiedo scusa.»
Fece per alzarsi, con un’espressione delusa sul volto. La mamma se
ne accorse.
«Vi prego,» disse, «restate seduto ancora un poco. Chissà quanto
avete camminato da questa mattina! Su e giù per tutto il quartiere… Non
gradireste un bicchiere di vino?»
D’un tratto gli occhi del vecchio parvero illuminarsi. Era ciò che
voleva sentire da quando era entrato in casa nostra.
«Oh!» fece. «Ogni volta, signora, vi prendete disturbo.»
«Cosa volete che sia!» rispose la mamma. «Un bicchiere di rosso è
quel che ci vuole.»
«L’accetto volentieri. Specialmente ora che, avvicinandosi
l’estate, comincia a far caldo.»
E appena la mamma gli ebbe versato un bicchiere di vino, don Berto lo bevve d’un fiato; poi un
altro e un altro ancora…
Alla fine si alzò dalla sedia, ringraziò, prese il cappello e il bastone
e, un po’ barcollando, si diresse verso la porta.
Probabilmente si sarebbe recato nella casa vicina a comunicare
l’imminente mancanza dell’acqua in tutto il quartiere.
La mamma rimase a osservare il vecchio che si allontanava nella
strada, con la cartella da messo comunale
sotto il braccio.
La udii mormorare:
«Chissà quanto rosso sarà il naso di don Berto questa sera, all’ora di rincasare!» Sorrise, crollando la
testa. «Con tutto il vino che ancora berrà, sarà rosso come un peperone.»
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