mercoledì 30 marzo 2016

DUE TRIESTINI A VIENNA di Fabio Calabrese

Ci sono due tipi di leggende: uno, di origine molto remota, parla di fate, draghi e principesse. Queste storie si raccontano ai bambini per tenerli buoni dentro casa nelle giornate di pioggia o la sera a letto per farli addormentare. Le leggende del secondo tipo sono di origine più recente e trattano di argomenti vari, si bisbigliano nei bar, per strada, al mercato. Trieste, come tutte le regioni italiane, è ricca di leggende dell'uno e dell'altro tipo, ma quella che ora vi racconterò appartiene decisamente al secondo.
L'epoca in cui si svolge rimane piuttosto imprecisata, ma era suppergiù quella in cui i triestini e gli abitanti del Litorale si definivano ancora “Dele vece (delle vecchie) province”, sebbene “le nuove” che l'Austria aveva acquisito col Congresso di Vienna se ne fossero andate da un pezzo, una prima parte nel 1859, il rimanente nel 1966.
Era più o meno l'epoca in cui un certo professor Giacomo Zois (1) era venuto a Trieste dall'Irlanda per insegnare inglese alla Berlitz School, e qui si era trovato fra i suoi allievi uno più anziano degli altri, un certo Ettore Schmitz (2), di età vicina alla sua, e diventato presto suo amico e compagno di bisbocce, che incoraggiò a intraprendere la carriera letteraria.
Il professor Zois, tanto per capire che tipo fosse, appena giunto nella stazione di Trieste e smontato sulla banchina del treno, trovò modo di essere coinvolto in una rissa, e in seguito era possibile trovarlo a tarda sera dalle parti di via Crosara duro come un scalin, come si dice dalle nostre parti, ossia reso dall'alcool della stessa consistenza di un elemento architettonico atto a costruire rampe e altri mezzi per salire, ma questa è una storia che magari vi racconto un'altra volta.
Trieste ha fatto parte dell'impero austriaco fino al 1918. Fino a un secolo fa, i legami fra Trieste e l'Austria erano importanti e numerosi. La storia, che risale a quell'epoca, narra di un commerciante triestino, che chiameremo Bepi (Giuseppe) Frausin, che si era dovuto recare a Vienna per affari. Bepi conosceva il tedesco come in genere lo conoscono i triestini che, come tutti sanno, sono poliglotti nati.
Dopo aver sbrigato il suo affare, e poiché rimaneva ancora diverso tempo prima di riprendere il treno per Trieste, Bepi Frausin decise di fare un giro per la città. Mentre camminava, Bepi incrociò un altro triestino, Toni (Antonio) Ulcigrai (3), impiegato dell'imperial-regio governo, che era stato mandato nella capitale per un corso di aggiornamento. I due non si conoscevano e non avevano nessuna idea di essere concittadini.
A un certo punto, Toni Ulcigrai gridò:
Auge, Auge!
(“Occhio, occhio! Attenzione!”, ma in tedesco non si usa, si dice Achtung!).
Le sue parole furono subito seguite da un forte fracasso.  
Was ist geboren?”, chiese Frausin.
(“Cosa è nato? Cosa è successo?”, ma in tedesco si dice Was ist los?)
Ein Dunkel ist gefallen von viertel Klavier”, rispose Ulcigrai.
(“E' caduto uno scuro – un'imposta – dal quarto piano”, cioè letteralmente: E' caduto un buio dal quarto pianoforte”).
Allora Bepi Frausin esclamò:
Deine Griechische Mutter!
(“To mare grega” - “Quella greca di tua madre!” - tipica imprecazione triestina (4) ).
A questo punto, i due si riconobbero per concittadini, e decisero di andare a bersi una birra insieme.
Toni Ulcigrai decise poi di accompagnare fino alla stazione il suo nuovo amico.
Arrivati nell'atrio della stazione, i due si imbatterono in un tabellone che diceva:
Fahrplan fuer Personenzuege” (“Orario treni passeggeri”).
Bepi Frausin chiese a Ulcigrai, che era a Vienna da più tempo di lui, di tradurglielo.
E Toni, pronto:
Far pian che le persone ziga” (“Fare piano, che le persone urlano”).
Non si sa come, nonostante l'aiuto di Ulcigrai, alla fine Bepi Frausin riuscì a salire sul treno che lo riportò a Trieste.
Mentre saliva sulla carrozza che lo riportava a casa, Bepi Frausin non poté trattenersi dal pensare che, si Vienna era una gran bella città, ma che i viennesi erano gente strana, e il soggiorno viennese doveva aver reso un po' strano anche Toni Ulcigrai.
 
Note:
1.   James Joyce.
2.   Italo Svevo
3.   Frausin, Ulcigrai: cognomi tipici triestini, ovviamente, per motivi di privacy, non sono quelli originali.
4.   Secondo un'altra leggenda locale, questa espressione sarebbe nata in seguito a un soggiorno di Ugo Foscolo nella città giuliana.
 
 

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