giovedì 22 settembre 2016

IL MARESCIALLO E IL PETTIROSSO di Paolo Secondini



Estate 1959.
Il maresciallo sedeva alla sua scrivania nel piccolo ufficio della caserma dei carabinieri. Pigiava, con due dita soltanto, i tasti di una grossa macchina per scrivere.
Faceva un gran caldo quel pomeriggio di luglio e, benché la finestra fosse spalancata e il ventilatore in funzione, l’aria, nella stanza, era afosa e irrespirabile.
Il maresciallo trasse di tasca il fazzoletto e si terse il sudore dalla fronte. Poi lo posò sul ripiano della scrivania: tra poco, sicuramente, gli sarebbe servito di nuovo.
Gli venne voglia di bere una bibita fresca o gustare un gelato al limone – come faceva ogni tanto quando non era in servizio –, ma scosse la testa e, sbuffando, riprese a scrivere a macchina. D’un tratto un cinguettio gli fece voltare la testa a sinistra.
«E tu cosa vuoi?» domandò il maresciallo guardando la piccola gabbia vicino alla finestra. Notò che il canarino sul posatoio se ne stava tranquillo, immobile, col becco chiuso, mentre il cinguettio continuava a invadere l’ufficio. «Sei per caso un ventriloquo?» disse il maresciallo e rise della sua stessa freddura.
S
postato lo sguardo al davanzale della finestra, scoprì che l’autore del cinguettio era un passero, le piume del petto di un rosso-arancione. Evitò movimenti per non spaventarlo. 

«E tu chi saresti?» domandò poco dopo in tono suadente. Ma poi, fingendo durezza nella voce: «Non starai per caso organizzando una evasione? Bada che ti arresto, e chiudo in gabbia anche te.»
Incurante dell’uomo, il pettirosso continuò a cinguettare compiendo brevi saltelli sul davanzale.      
«Sei davvero un bel tipo, sai?» disse il maresciallo il quale, muovendosi maldestramente, fece scricchiolare la sedia: di colpo l’uccello volò via.
«No, no, no!» gridò, allora, desolato. «Torna indietro, ti prego! Non volevo spaventarti.»
Si alzò e si avvicinò alla finestra; guardò fuori volgendo la testa in ogni direzione, ma il pettirosso sembrava scomparso. Emise un breve sospiro.
Più tardi, pensò, metterò delle briciole sul davanzale. Può darsi che venga a beccarle. Ma mentre tornava alla scrivania sentì nuovamente cinguettare. Si volse dapprima alla piccola gabbia – al cui interno il canarino stava ancora tranquillo, immobile, col becco chiuso –, poi verso la finestra. Vide il passero appollaiato su un ramo di un albero di fronte.
«Ah, manigoldo!» esclamò il maresciallo bonariamente. «Meriteresti davvero che io ti arrestassi. Si può sapere che vuoi?»
Quasi in risposta il cinguettio si fece più alto e melodioso: inconsueto in un pettirosso. Ammirato del canto, il maresciallo poggiò le mani sul davanzale della finestra, gli occhi fissi sul piccolo uccello. Restò in ascolto in quella posizione per qualche tempo.
«Insomma!» disse alla fine crollando le spalle. «Si può sapere che vuoi dal mio canarino? È per lui che sei qui, non è vero?»
Ora gli parve che il cinguettio, crescendo d’intensità, si facesse appassionato, addirittura implorante: un qualcosa che penetrò profondamente nell’anima del maresciallo, con una forza e una dolcezza da scuoterla e carezzarla al tempo stesso. Si sentì come vinto da un’improvvisa, travolgente emozione.
«E va bene, va bene!» esclamò annuendo. «Ho capito.» Si avvicinò alla piccola gabbia e stette, per pochi secondi, a osservare il suo canarino, ancora fermo sul posatoio. Poi sollevò lentamente la mano e aprì la porticina di metallo. «Va’!» disse. «C’è un tuo amico là fuori che ti aspetta. È venuto apposta per te.» Guardò velocemente a destra e a sinistra. «Ma mi raccomando,» aggiunse, con un sorriso sulle labbra, «non si dica in giro che ho fatto evadere un prigioniero.»
Una macchia di giallo sfrecciò, con rumore ovattato, davanti al suo viso. In quel momento il maresciallo provò un senso di felicità come mai aveva avvertito in vita sua.

 
 

 

3 commenti:

  1. Bello, intenso, pieno di poesia. Il fatto che il personaggio umano sia un carabiniere fornisce al racconto una buona impostazione drammatica.

    Giuseppe Novellino

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  2. È proprio vero che scrivere è pensare e vivere!Il racconto ci coinvolge,perché grande la tenerezza umana, quando la dura fatica umana era la pagina quotidiana della vita. Il lungo cinguettio del pettirosso come intenerisce il cuore umano! È così incisivo da dire che la Libertà è amore! Non c'è forza d'uomo che tenga il canarino in gabbia! Bravo Paolo.

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