venerdì 3 giugno 2016

ICARO di Peppe Murro

Era felice di essersi svegliato… allungò la mano e sentì la sua. Si voltò sul fianco, il bagliore morbido della luna disegnava nel buio le curve del suo corpo nudo. Lei dormiva, col lenzuolo appena impigliato sulle caviglie, a pancia in giù, una gamba leggermente piegata; guardò il suo viso disteso.
Avrebbe voluto carezzarla, appoggiarsi di nuovo al calore di quel corpo, ma temette di svegliarla…restò in silenzio ad osservare i giochi del chiarore e del respiro. Sentiva dentro una gioia indescrivibile, si sarebbe messo ad urlare per la felicità: erano insieme… insieme…!
Per quanto tempo aveva sognato e desiderato quel momento, quanto ne aveva patito l’assenza ! mio dio, com’è bella… fu la sola cosa che riuscì a pensare la prima volta che la vide. E tornò a pensarla ogni giorno, a coccolare progetti, a desiderare…non gli importava la distanza degli anni, non gli pesava la sua vecchiaia. Sognava di parlare con lei, di sfiorarle le mani, di abbracciarla…sognava di raccontarle le sue paure e i suoi sogni, sognava di farsi carezzare. E tornava stranamente un vecchio fuoco, una passione incontrollabile che per la prima volta non gli appariva oscena… forse così è l’amore, forse questo miracolo ridisegna i margini della vita: non era vecchio, non gli pesava.
E aveva custodito dentro di sé questo sogno, se l’era coccolato, talvolta aveva anche cercato di dirsi che era impossibile, ma lo proteggeva come proteggeva la vita di lei, facendo anche il clown ogni volta che la vedeva triste: forse era il suo sorriso di gioventù che lo incantava, forse il suo sguardo al cui fondo intravvedeva la sua stessa malinconia.
Ed ora, per un miracolo inatteso e sconosciuto erano lì, insieme, nello stesso letto, dentro la stessa notte… non riusciva a credere che fosse vero, ma il suo corpo nudo gli testimoniava la verità.
Non gli interessava neppure di saperlo, chiuse gli occhi più forte, come a non volersi risvegliare, se era un sogno.
Era così pieno di gioia che non riuscì a frenare la sua carezza… allungò la mano per sfiorare i suoi fianchi, benedisse il buio e il chiarore della luna, benedisse il suo sonno.
Pregustandone il calore, poggiò la mano dove i fianchi si incurvavano lievemente.
Fu allora che si risvegliò.
Non si vergognò dell’amore che aveva generato il sogno, ma, come un secondo Icaro, si sentì sconfitto, e perso, e ridicolo, come un vecchio che si innamora…. ridicolo fino a piangerne…               

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