giovedì 12 dicembre 2019

RECENSIONI di G. Novellino e P. Murro

Paolo Secondini
IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI
Linee Infinite Edizioni
 
Il maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Cargiulli comanda una piccola caserma di provincia. Ha avuto una donna, nella sua vita, ma ora è solo e trascorre l’esistenza vicino alla sorella Adalgisa. Lei lo chiama Vincenzino, come faceva la mamma quando erano bambini.
Egli svolge con interesse e dedizione il suo lavoro di tutore della legge e sa che anche in un paesino sperduto può succedere di tutto.
È la vigilia di Natale. Fuori fa freddo, mentre gli interni sonno surriscaldati in modo malsano. Nella villa dell’avvocato Emilio Trenelli è stato consumato un efferato omicidio. Proprio lui, il titolare, è stato trovato riverso nel suo letto con un coltellaccio da cucina piantato nella schiena fino al manico. Ma non ci sono segni di effrazione, quindi il fattaccio deve avere come autore una persona conosciuta dall’avvocato. Il quale ha qualche vizietto, che offusca un po’ la sua immagine di professionista appartenente all’alta borghesia. Gli piacciono le donne, ma ha un’inclinazione un po’ perversa per quelle di malaffare, prosperose e un tantino rozze.
Elisa Deretti, la moglie, è una signora avvenente, distinta e un po’ freddina. Con lei il maresciallo ha subito un incontro che gli consente di capire il modo di vivere della coppia e l’andamento familiare. Nelle indagini è aiutato dal fido e solerte appuntato Frinieri. Doverosa concessione al genere narrativo, essendo ogni investigatore accompagnato da un socio o da un subalterno sempre pronto a fornire i dovuti supporti.
Anche l’indagine segue i canoni consueti della narrazione poliziesca, ma cattura fin dall’inizio l’attenzione del lettore, che si lascia accompagnare da una prosa fluida e precisa, capace di rendere assai vivide alcune caratterizzazioni psicologiche e ambientali.
Il romanzo (Linee Infinite Edizioni – 2019) si legge tutto d’un fiato. Voltare le pagine è come mangiare ciliegie mature, dove al posto del sapore ci sono la curiosità (tenuta viva con grande maestria) e il desiderio di svelare il mistero.
Buon giallo, non lungo, incisivo e piacevole. Con qualche ammiccamento al grande Simenon.
C’è da dire, però, che centosedici pagine non bastano per creare un forte legame tra il lettore e il maresciallo Vincenzo Cargiulli, un tipo di uomo dai marcati contrasti caratteriali, nel complesso mite e un po’ ironico. Aspettiamo altre sue avventure, non solo per conoscerlo meglio, ma anche per apprezzare la vena narrativa di Paolo Secondini… che già per questo romanzo mi sembra notevole.
  Giuseppe Novellino da: Art – Litteram


…Il fine giustifica i mezzi è un bel romanzo di genere che si lascia leggere d’un fiato, con un andamento lineare e un ritmo incalzante, tutto racchiuso nelle ore di vigilia di un Natale qualsiasi di un qualsiasi paesino d’Italia. Con una scrittura lieve e precisa e un’estrema pulizia lessicale, Paolo Secondini ci accompagna nelle indagini del maresciallo Cargiulli e, con sentimento e ironia, verso la conclusione inaspettata del caso di omicidio di cui lo stesso si occupa. La trama non è monocorde, ma si gioca tutta con una serie di figure ben tratteggiate, dal senzatetto Lappi allo zelante appuntato Frinieri, dal loquace barbiere Alfredo Barba-capelli alla escort Elvira Benedetti, dalla vedova Deretti alla saggia cameriera Antonietta Filangia: tutti personaggi con una loro specifica identità e logica, perfettamente inseriti in una vicenda ben delineata…


 Peppe Murro


 (Il romanzo lo si può acquistare ordinandolo in qualsiasi libreria o direttamente dalla casa editrice Linee Infinite Edizioni   https://www.lineeinfinite.com/)

mercoledì 4 dicembre 2019

SAGGEZZA ANTICA di Paolo Secondini

“Impara l’arte e mettila da parte!”
A sentirle pronunciare da mio nonno, quelle parole – quando il loro significato non mi era ancora chiaro – sembravano quasi uno scioglilingua o, anche, una breve composizione poetica in rima baciata.
 “Impara l’arte e mettila da parte!”
Quante volte ho ascoltato quella frase!
E sempre dalla bocca del nonno, la cui espressione, nel proferirla, era di grande serietà, e solenne il tono della voce. Allora intuivo che stesse dicendo qualcosa di importante.
Spesso, dopo aver sillabato quelle parole, egli scuoteva un istante la testa, come per annuire, sicuramente, a qualcuno di cui, all’improvviso, l’immagine fosse affiorata alla sua mente.
Certe volte, invece, lo sentivo borbottare:
Tempi duri! Tempi difficili!”
E subito dopo, come al solito:
Impara l’arte e mettila da parte!”
Chissà perché, in quel momento, ripensavo alla vita lavorativa di mio nonno: garzone di cordaio ad Atina, suo paese natale, negli anni della giovinezza; operaio in una fabbrica di stoffe a Utica, nello Stato di New York; attore di teatro, per un breve periodo di tempo, su palcoscenici di piccoli paesi.
Ripensavo, anche, alla sua drammatica esperienza di combattente nel primo conflitto mondiale: fante sul fronte francese; alla sua successiva attività di pittore di paesaggi, figure umane e animali, grazie alla quale, affrescando pareti di locali pubblici e case private, o semplicemente dipingendo piccole tele o tavole di compensato riusciva a guadagnare il bastante per vivere dignitosamente.
“Impara l’arte e mettila da parte!”
Un giorno, d’un tratto – ero ancora un ragazzo –, il senso di quelle parole, tante volte ascoltate, mi fu chiaro, perfettamente intelligibile.
«Già!» mi dissi. «Impara l’arte e mettila da parte, per poterla esercitare quand’è necessario e, soprattutto, per dar senso e decoro alla propria vita.»